Nell’equitazione l’equilibrio e la rilassatezza sono due elementi fondamentali ma non sufficienti.
Nell’equitazione l’equilibrio e la rilassatezza sono due elementi fondamentali ma non sufficienti. Per ottenere fermezza e stabilità in sella è necessario avere una vigorosa preparazione atletica: l’equitazione non è uno sport adatto a chi non vuole faticare duro e sudare.
Un cavaliere può rientrare in due macrocategorie: il “talentuoso” che usa i muscoli, senza rendersene conto e lo “scettico” che ritiene che per restare in sella sia sufficiente una buona dose di equilibrio e di rilassatezza.
In realtà per montare come se fossimo una parte integrante del cavallo e ottenere una certa “stabilità” è necessario innanzitutto star seduti in sella in maniera corretta. Il bacino aderisce alla sella per tre punti costituiti dal sacro e dalle tuberosità ischiatiche che sono due estremità arrotondate e cave all’interno. Sono queste ossa che poggiano effettivamente sulla sella. Per ottenere la “fermezza in sella”, invece, solo l’equilibrio, seppur elemento fondamentale, non è sufficiente ma occorre mettere in funzione “le gambe”. Mettere in funzione “le gambe” vuol dire avere una preparazione atletica, e per ottenere un buon risultato è, spesso, necessario integrare le ore di equitazione con ore di allenamento in palestra con esercizi mirati. Insomma l’equitazione non è uno sport adatto a chi non vuole faticare duro e sudare.
Partiamo dai muscoli della coscia. Essi si sviluppano più di qualsiasi altro muscolo dell’arto inferiore. Dal momento in cui una persona si siede su un cavallo, questo gruppo muscolare entra subito in funzione. L’equilibrio del bacino e l’azione di “stringere le gambe” è data da i quattro adduttori: lungo, breve, grande e minimo, tali muscoli si inseriscono sul bacino e sul femore:
Il muscolo grande adduttore è un muscolo che fa parte dei muscoli mediali della coscia, è adibito all’adduzione delle cosce tramite contrazione muscolare, coi fasci anteriori permette la intrarotazione e la flessione, mentre coi fasci posteriori permette la extrarotazione e l’estensione.
Il muscolo adduttore breve è un muscolo che fa parte dei muscoli anteriori della coscia. Di forma triangolare si ritrova fra il muscolo pettineo e il muscolo adduttore lungo, è adibito all’adduzione delle cosce tramite contrazione muscolare, permette la rotazione interna del femore.
Il muscolo adduttore lungo è un muscolo che fa parte dei muscoli anteriori della coscia. Di forma triangolare si tratta di un muscolo piatto, si ritrova fra il muscolo otturatore esterno e il muscolo adduttore breve, è adibito all’adduzione delle cosce tramite contrazione muscolare, ne permette la rotazione in dentro.
Il muscolo adduttore minimo è un muscolo che si fonde in parte con il muscolo grande adduttore, è adibito all’adduzione delle cosce tramite contrazione muscolare e ruota esternamente la coscia.
Questi gruppi muscolari vengono sollecitati con forza e hanno bisogno di un intenso allenamento atletico. Una capacità adduttoria insufficiente produrrà un assetto mal fermo e insicuro, inoltre la prevalenza dei gruppi muscolari di un arto rispetto all’arto collaterale significa poi che il cavallo percepirà ed interpreterà le azioni in un modo diverso da quello voluto dal cavaliere.
Introduzione – Come si diagnostica la pubalgia
La pubalgia è una delle affezioni più comuni che vengono trattate dai fisioterapisti.
Si tratta di una condizione patologica caratterizzata da un’infiammazione dei tendini dei muscoli che si inseriscono sul pube quali adduttori, gracile, pettineo, e gli addominali. È causata da microtraumi ripetuti a livello di queste strutture che provocano microlesioni alle fibre muscolari e così l’infiammazione. Il dolore tipico è un dolore che si manifesta nella zona inguinale, nel basso ventre che spesso si irradia a livello dell’addome e della coscia.
Si riscontra maggiormente in persone che praticano sport che sollecitano questi muscoli quali calciatori, giocatori di hockey, schermitori, equitazione, sport che prevedono cambi repentini di direzione, scatti, corsa.
A volte soffrono di pubalgia anche le donne in gravidanza, in quanto l’accrescimento del pancione, l’aumento del peso, e le variazioni biomeccaniche che le donne subiscono, possono provocare una sollecitazione dei muscoli del pube con la loro infiammazione.
In questo articolo parleremo della pubalgia, dei sintomi e della cura, concentrando maggiormente l’attenzione su quali sono i metodi di diagnosi.
Come si classifica la pubalgia
In base alla zona che viene interessata, la pubalgia si classifica in:
Sindrome “retto-adduttoria”: è la forma di pubalgia più comune ed è caratterizzata dall’ infiammazione dell’inserzione dei muscoli adduttori e addominali. Tipica degli sportivi soprattutto calciatori.
Sindrome “sinfisaria”: si riscontra principalmente nelle donne in gravidanza. Colpisce la zona della sinfisi pubica che viene sollecitata in caso di gravidanza per sopportare il peso del pancione e i cambiamenti posturali della donna. Inoltre, a causa della produzione di ormoni che aumentano l’elasticità dei legamenti, può verificarsi un’instabilità di bacino e della sinfisi pubica che può provocare dolore nella zona del basso ventre e dell’inguine.
Sindrome “della guaina del retto femorale” è causata dallo stiramento del nervo perforante a causa di una lesione della fascia muscolare superficiale dei muscoli addominali.
Come capire se si tratta di pubalgia: segni e sintomi
In genere, il primo sintomo che accuserai in caso di pubalgia, è il dolore più o meno intenso. Spesso il dolore, è un dolore localizzato all’ inguine ma che può irradiarsi al basso ventre e all’ addome, all’ interno o a tutta la coscia, negli uomini anche a livello dei testicoli.
In genere è un dolore che si manifesta al mattino o quando si inizia a svolgere qualche esercizio o sforzo fisico che sollecita la contrazione degli adduttori e degli addominali. Nei casi più gravi, è un dolore intenso e continuo che aumenta durante l’esercizio tanto da doverlo interrompere, impedendo a volte il normale svolgimento delle attività di vita quotidiana come il camminare.
Il dolore in questo caso può essere quindi un vero e proprio fattore di disfunzione muscolare. A volte la zona dell’inguine può presentarsi gonfia e arrossata, segni propri dell’infiammazione e alla palpazione si può apprezzare una rigidità muscolare tipica di una contrattura.
Come si diagnostica la pubalgia
La pubalgia può essere diagnosticata da un medico Ortopedico o da un Fisiatra attraverso un’attenta storia clinica e un esame obiettivo generale del paziente. Il medico specialista durante la prima visita, ti sottoporrà a test specifici che aiuteranno a valutare il tipo e il grado di pubalgia. Importante inoltre la palpazione della zona dolente in quanto, essendo i tendini dei muscoli adduttori molto superficiali, possono essere apprezzate zone più rigide e ispessite. La palpazione a livello inguinale viene utilizzata anche per fare diagnosi differenziale con l’ernia.
Spesso, infatti, molte patologie presentano sintomi simili alla pubalgia con dolore riferito all’ inguine:
- artrosi dell’anca
- lombalgia fratture del pube o dell’anca
- linfonodi inguinali ingrossati
- patologie dell’apparato urinario o gastrointestinale
- cruralgia strappo muscolare dei muscoli adduttori o del retto dell’addome
In questi casi sarà cura dello specialista richiedere esami più approfonditi per fare diagnosi differenziale e intraprendere la terapia e il trattamento migliore per la tua pubalgia.
Tra gli esami diagnostici per immagini che vengono maggiormente prescritti abbiamo:
Radiografie. Attraverso l’utilizzo dei raggi X, le radiografie “fotografano” le ossa. L’ esame radiologico è un esame semplice e non invasivo, che non richiede nessuna preparazione da parte del paziente. Può essere effettuato da tutti, tranne dalle donne in gravidanza. Viene prescritto in caso di pubalgia, per fare diagnosi differenziale in quanto sarà utile al medico per escludere ad esempio eventuali fratture, malformazioni ossee, artrosi a livello di bacino e anca. Ecografia muscolo-tendinea.
L’ ecografia muscolo-tendinea è un esame non invasivo, indolore che ha una durata di circa 20 minuti e viene effettuato con l’utilizzo di sonde ad alta frequenza che sfruttano le proprietà degli ultrasuoni e permettono di valutare le strutture muscolari e tendinee. È possibile tramite questo esame, verificare la presenza di eventuali edemi, lesioni muscolari o tendinee, raccolte di liquidi in cisti, depositi di sali di calcio (calcificazioni) a livello dei tendini o dei muscoli in quanto consente di osservare i tessuti molli. Nell’ ecografia i muscoli e i tendini appaiono come cordoni di colore bianco; ad esempio in caso di lesione muscolare si può osservare un versamento ematico di colore scuro nella zona del muscolo interessata. Quindi attraverso l’ecografia riusciamo a visualizzare la regione muscolo-tendinea del bacino e dell’inguine attraverso delle immagini bidimensionali.
Ecocolordoppler. Per valutare al meglio lo stato di infiammazione dei muscoli interessati, gli ecografi di ultima generazione riescono a rilevare il movimento del flusso sanguigno all’interno dei tessuti utilizzando il segnale doppler, che sfrutta a sua volta le proprietà degli ultrasuoni. Un tessuto infiammato sarà molto più irrorato di sangue rispetto ad un tessuto sano. Grazie a questo esame, si ha un’idea più precisa dello stato di infiammazione dei tessuti esaminati. Il segnale doppler viene visualizzato nello schermo come un colore rosso o blu a seconda del movimento del sangue. Un esame ancor più specifico che riesce ad esaminare flussi molto lenti è il power-doppler.
RMN. La risonanza magnetica è considerato l’esame gold-standard per diagnosticare la pubalgia. È un esame diagnostico che sfrutta le proprietà fisiche magnetiche e che permette di visualizzare nell’ insieme tutto ciò che si trova all’ interno del nostro corpo: ossa, muscoli, tendini, visceri e il loro stato di salute. In genere parliamo di un esame non invasivo, indolore che dura all’ incirca 30 minuti. Prima di iniziare l’esame, il paziente dovrà togliere gli oggetti metallici che indossa come bracciali, orecchini, orologi in quanto possono interferire con la valutazione dei tessuti. A volte per avere delle immagini più nitide, dove siano evidenziate le zone di lesione o infiammazione, è richiesto l’iniezione endovena di un mezzo di contrasto, generalmente il gadolinio. In questo caso il paziente dovrà presentarsi il giorno dell’esame, digiuno. In caso di pubalgia
- TC. Questa procedura diagnostica permette di visualizzare le parti del nostro corpo in sezioni dando un’immagine tridimensionale della zona interessata. L’utilizzo di mezzi di contrasto permette di valutare al meglio zone a carattere infiammatorio.
Come si cura la pubalgia
Quando ti viene diagnostica pubalgia, la prima cosa da fare è stare a riposo. L’attività acuisce i sintomi mentre il riposo li attenua. È importante che, in questa prima fase, evitare qualsiasi sforzo fisico: continuare a svolgere attività sportive su una condizione di infiammazione conclamata può provocarti la cronicizzazione della patologia con tempi di recupero più lunghi e dolorosi.
Il riposo consentirà alle piccole lesioni muscolari di ripararsi. Il medico può prescriverti farmaci antiinfiammatori e antidolorifici orali o pomate da utilizzare nella zona interessata. Solo nei casi più gravi, possono essere effettuate infiltrazioni con cortisonici o si può ricorrere all’ intervento chirurgico.
Molto importante sarà il ruolo del fisioterapista che avrà lo scopo, attraverso tecniche come la Manipolazione Fasciale Stecco che permette di ristabilire il corretto tensionamento fasciale. Associato alla manipolazione vengono vanno eseguiti esercizi di rinforzo muscolare per preparare i muscoli interessati a sopportare nuovamente gli sforzi fisici.
Il Dott. Fabrizio Valleriani riceve su appuntamento.
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