PATOLOGIE

OSTEOPOROSI

L’osteoporosi è una malattia sistemica dell’apparato scheletrico caratterizzata da una bassa densità minerale ossea e da un deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo.

Le ossa diventano quindi più fragili e sono esposte ad un maggior rischio di frattura per traumi anche minimi.

Le fratture costituiscono l’evento clinico più rilevante dell’osteoporosi, anche perché interessano con maggiore frequenza il polso, le vertebre ed il femore.

Nel caso di fratture di femore il ricovero in ospedale è indispensabile e nella maggior parte dei casi è necessario l’intervento chirurgico con inserimento di protesi. I dati epidemiologici dimostrano che solo il 50% dei pazienti rimane autosufficiente dopo una frattura di femore e che la qualità di vita successiva viene comunque compromessa.

Le conseguenze delle fratture vertebrali sono meno drammatiche ma, specie se le vertebre fratturate sono due o più, ne possono derivare dolore continuo alla schiena, riduzione della motilità, cifosi (incurvamento in avanti della colonna vertebrale), riduzione della statura, difficoltà respiratorie.

La rilevanza dell’osteoporosi deriva anche dalla sua diffusione: l’incremento della vita media che ha caratterizzato gli ultimi decenni ha fatto salire il numero degli individui a rischio di osteoporosi e quindi di frattura, e la tendenza appare inesorabilmente in aumento.

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 1990 si sono verificate circa 1.700.000 fratture di femore nel mondo; ne sono previste 6.300.000 per il 2050. Questi numeri impongono una sempre maggiore attenzione da parte delle organizzazioni sanitarie per identificare i soggetti a rischio e le terapie più appropriate, ma rendono anche necessaria una attenta partecipazione individuale soprattutto per quanto riguarda le attività di prevenzione.

L’osteoporosi è una vera malattia oppure una condizione inevitabile, legata all’invecchiamento?

Più che una “malattia” l’osteoporosi è una “sindrome” cioè una patologia condizionata da numerosi fattori e da concause non completamente conosciute.

Per comprendere meglio i meccanismi attraverso i quali l’osso può diventare porotico, rarefatto e fragile sino a perdere le caratteristiche sue proprie di elasticità e resistenza, è importante conoscere i momenti fondamentali che ne regolano la crescita ed il metabolismo normale.

Contrariamente a quanto si può ritenere, l’osso non è una struttura inerte, ma un tessuto molto attivo dal punto di vista metabolico, che si rinnova costantemente e rapidamente nel corso della vita .La struttura generale dello scheletro è rappresentata da un substrato di proteine molto resistenti ed elastiche (collagene) nel cui contesto si depositano i cristalli di calcio e fosfato (idrossiapatite), che conferiscono rigidità e consistenza.

Lo scheletro dell’individuo adulto contiene quasi il 99% di tutto il calcio presente nell’organismo.

La disposizione del tessuto così calcificato è caratteristica : nella parte esterna dell’osso (corticale) è particolarmente densa, all’interno (componente trabecolare) assume un aspetto ad alveare che contribuisce a renderlo più leggero senza ridurne la capacità di sopportare carichi.

L’osso corticale compatto costituisce quasi l’80% del totale ed è maggiormente rappresentato nelle ossa lunghe ( arti superiori e inferiori), l’osso trabecolare è circa il 20% del totale ed è particolarmente presente nella parte interna dei corpi vertebrali.

L’osso ha anche una componente cellulare, come qualsiasi altro tessuto.

Le sue cellule sono altamente specializzate e dedicate alla formazione di nuovo osso (osteoblasti), alla distruzione ed al riassorbimento dell’osso invecchiato (osteoclasti), e verosimilmente alla regolazione autonoma di queste due attività (osteociti).

Il processo metabolico generale prende il nome di “rimodellamento”.

In condizioni normali esso si svolge con una sequenza prestabilita: intervengono prima gli osteoclasti, che producono una piccola cavità di riassorbimento; questa cavità viene poi riempita da nuovo tessuto calcificato ad opera degli osteoblasti, e così di seguito, con cicli continui della durata complessiva ciascuno di 90 giorni. Se la quantità di osso neoformato è pari a quella di osso assorbito si ha una condizione di equilibrio metabolico.

L’osteoporosi sopraggiunge come evento finale di una serie di cicli durante i quali viene riassorbito più osso di quanto non se ne formi.

Questo può avvenire perché gli osteoclasti lavorano troppo o perché gli osteoblasti lavorano troppo poco, o per tutte e due le cause assieme.

Poiché il rimodellamento nel suo complesso è regolato da un’enorme serie di fattori (ormoni, farmaci, attività fisica, patologie locali etc.) le cause che possono condurre allo sbilanciamento dei processi di formazione e riassorbimento, e quindi all’osteoporosi sono assai numerose.

Il metabolismo dello scheletro cambia nel corso degli anni?

Durante l’infanzia e l’adolescenza prevale la formazione di nuovo osso; ciò consente l’allungamento delle ossa e quindi la crescita , ma anche la deposizione di una adeguata quantità di minerale, che viene così accumulato come “deposito”.

La massima capacità individuale di accumulare minerale nell’osso viene raggiunta al momento del cosiddetto “picco di massa ossea”.

Ciò avviene intorno ai 20-25 anni nella donna ed i 25-30 anni nell’uomo. Dopo questa data, se i meccanismi di controllo funzionano bene, l’osso rimane in equilibrio, nella donna sino alla menopausa, nell’uomo sino a 65-70 anni. Alla menopausa, di norma tra i 45 anni e i 55 anni, la rapida cessazione della secrezione di estrogeni condiziona una perdita progressiva di minerale dallo scheletro femminile, di regola quantizzabile intorno all’1-2% per anno, e dipendente da un prevalere del processo di riassorbimento su quello di formazione.

Una menopausa precoce, o la menopausa chirurgica (ovariectomia) anticipano il momento in cui la donna inizia a perdere minerale. La riduzione del contenuto minerale osseo legata all’età nell’uomo (ma anche nella donna anziana) sembra essere dipendente soprattutto da un rallentamento della formazione.

È ovvio che l’entità del picco di massa ossea raggiunto in giovane età è determinante per la protezione dello scheletro nella post menopausa e nell’anziano.

Come per un deposito bancario, un prelievo costante verrà meglio tollerato se il saldo iniziale è il più alto possibile.

La caratteristica della sindrome osteoporotica è quella di essere silente, anche nelle forme più avanzate.

La perdita di massa ossea può non dare alcun segno sino al momento della frattura. Anche per questo motivo sono necessarie una attenta prevenzione e l’identificazione dei fattori di rischio eventualmente presenti.

Quali sono i principali fattori di rischio per osteoporosi?

Alcuni fattori di rischio sono genetici e quindi non possono essere modificati.

Tra questi, il più rilevante è il sesso femminile.

L’osteoporosi interessa la donna con un rapporto 8 a 2 nei confronti dell’uomo; la donna ha in effetti un apparato scheletrico meno robusto di quello maschile, è esposta alla perdita accelerata di minerale dopo la menopausa, ed inoltre vive più a lungo.

L’età infatti può essere considerata di per se un fattore di rischio, in quanto più si va avanti con gli anni e maggiore è la quantità di osso che si perde progressivamente.

Si calcola che siano affette da osteoporosi il 15% delle donne di 50 anni, ed il 50% delle donne di 80 anni.

Altri fattori di rischio riconosciuti per ambedue i sessi sono la taglia corporea ridotta e la razza.

Le popolazioni caucasiche (europei e nordamericani) ed asiatiche hanno una prevalenza di osteoporosi superiore alla popolazioni africane e di discendenza ispanica. Sempre di natura genetica è il rischio legato alla storia familiare. La massa ossea si presenta ridotta nelle donne i cui genitori o ascendenti erano osteoporotici, in particolare se nella storia clinica materna viene riferita una frattura di femore.

Altri fattori di rischio sono dipendenti da abitudini di vita e nutrizionali, e sono quindi modificabili, oppure sono in rapporto a patologie concomitanti o ad assunzioni di determinati farmaci. Tra le abitudini che possono predisporre all’osteoporosi vanno incluse il fumo (anticipa l’età della menopausa), l’eccessivo consumo di alcolici (causa di malnutrizione e di compromissione dell’equilibrio) e la vita sedentaria (riducendosi le forze muscolari applicate all’osso, lo scheletro riduce la sua mineralizzazione come risposta di adattamento).

Tra i fattori nutrizionali si possono includere le diete sbilanciate povere di sali minerali, l’assunzione di calcio non adeguata alle richieste (a seconda dell’età, si dovrebbero introdurre con gli alimenti 800-1000 mg di calcio al giorno), la dieta prevalentemente carnea (l’eccesso di proteina induce perdita di calcio con le urine).

L’osteoporosi secondaria ad altre malattie (neoplastiche, endocrine, gastrointestinali, renali, autoimmuni etc.) fa parte del quadro clinico della patologia principale e deve essere presa in considerazione esclusivamente dal medico.

Alcuni farmaci (corticosteroidi, eparina, anticoagulanti orali, anticonvulsionanti, sali di litio) inducono direttamente una perdita di minerale dall’osso, che è indipendente dal sesso e dall’età.

Questi farmaci tuttavia vengono prescritti per trattare situazioni cliniche impegnative, e spesso il medico non dispone di alternative efficaci.

È bene comunque sapere che è possibile ridurre il rischio per osteoporosi connesso al trattamento sia ottimizzando le dosi, sia associando opportune terapie di supporto. I pazienti che assumono farmaci che incrementano il rischio di osteoporosi dovrebbero inoltre evitare di cumulare altri fattori di rischio.

Qual’é la risposta che fornisce l’esame MOC?

È l’unica misurazione in grado di darci una risposta in termini quantitativi, e ci consente di confrontare la massa ossea del paziente in esame con quella del soggetto normale di pari età o con quella ideale di un soggetto adulto che ha raggiunto un picco di massa ossea adeguato.

Come molti fenomeni biologici, l’andamento della massa ossea nella popolazione è una variabile continua e segue una distribuzione gaussiana (la maggior parte dei soggetti si colloca nella parte centrale della curva, quelli con massa ridotta si pongono a sinistra e quelli con massa ossea superiore alla norma, a destra).

La distanza in più o in meno del dato rilevato nel soggetto in esame dal valore medio della popolazione di riferimento viene espressa come Deviazione Standard (DS).

Il numero di DS dalla media per ogni soggetto valutato si indica con il termine di “Z score” se ci si riferisce al controllo di pari età, e con il termine di “T score” se ci si riferisce al controllo giovane adulto.

Ogni DS in meno corrisponde all’incirca ad una riduzione del 10-15% rispetto alla media di riferimento. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stabilito i criteri in base ai quali un soggetto può essere definito normale oppure osteoporotico in base alle rilevazioni della MOC.

  • Il soggetto è normale se la densità minerale (BMD) è compresa entro 1DS in più o in meno rispetto all’adulto (T score tra +1 e -1).
  • Il soggetto ha una massa ossea ridotta (osteopenia) se la sua BMD si colloca tra -1 e -2.5 DS dal valore medio dell’adulto (T score -1 e -2.5).
  • Il soggetto è osteoporotico se la sua BMD è di -2.5 DS od oltre, sempre nei confronti dell’adulto (T score < di -2.5). d. Il soggetto ha una osteoporosi severa (o conclamata) se oltre ad un T score < di -2.5 ha avuto anche una o più fratture atraumatiche o per traumi molto lievi. Per ognuna di queste condizioni il medico ha a disposizione linee guida per una diagnosi più approfondita e per una scelta terapeutica efficace da applicare caso per caso.
Prevenzione

Le cure per l’osteoporosi sono lunghe e non conducono alla guarigione, ma servono solo al contenimento della malattia. La prevenzione è quindi di fondamentale importanza e consiste in primo luogo nel cercare di raggiungere una massa ossea adeguata quando si è giovani. Alcune (limitate) attività di prevenzione sono ancora possibili nell’età adulta, ma a prezzo di un impegno e di una determinazione notevoli. Senza l’intervento di farmaci, un soggetto adulto può sperare solo di ridurre l’entità della perdita della massa ossea raggiunta in precedenza, ma non di mantenerla o di guadagnarne se era in precedenza ridotta. La prevenzione si fonda su almeno tre punti:

– assumere una quantità adeguata di calcio e vitamina D; – evitare la sedentarietà, ma anzi non perdere occasione per svolgere una efficace attività fisica; – non fumare e ridurre il più possibile il consumo di alcol.
Calcio e vitamina D

La maniera più fisiologica e raccomandabile per ottenere un introito giornaliero ottimale di calcio è quella di assumerlo con gli alimenti. Le nostre abitudini alimentari non consentono in condizioni normali di raggiungere la quantità giornaliera necessaria, stimata in 1/1.2 grammi al giorno. Tale quantità può essere tuttavia ottenuta incrementando il consumo di latte e derivati. La quantità di calcio contenuta in un litro di latte (circa 1.200 mg) è indipendente dalla percentuale di grasso, per cui il latte intero ha la stessa concentrazione in calcio del latte scremato. Sempre 120 mg di calcio si trovano in 100 g di yogurt, che può essere preso in sostituzione del latte dai soggetti che non tollerano il lattosio. Il pesce è un alimento discretamente ricco di calcio (in media 30 mg/100g) e particolarmente il pesce azzurro (150mg/100g). Più poveri di calcio sono il pane e la pasta, che comunque vengono consumati in quantità piuttosto elevate. Si può confrontare la tabella acclusa per scegliere, tra gli alimenti indicati, la combinazione più gradita che faccia comunque raggiungere l’obiettivo di almeno 1 grammo di calcio al giorno. Va tenuto presente che una certa quantità di calcio si assume anche facendo uso delle comuni acque minerali da tavola. In caso di intolleranza alimentare al latte e derivati, si può integrare l’apporto di calcio con la supplementazione orale, seguendo un programma che deve essere suggerito caso per caso dal medico, badando comunque a non superare la quantità totale di 2-2,5 grammi di calcio al giorno.

Per quanto riguarda la vitamina D, la quantità raccomandata è di 400-800 Unità Internazionali al giorno, assunte in genere con le uova, il fegato, il pesce. Se non si riesce a consumare questi cibi in quantità adeguata non è comunque il caso di allarmarsi, perché le richieste dell’organismo di vitamina D possono essere ugualmente soddisfatte dalla sintesi cutanea della vitamina che avviene per azione dei raggi solari. 15 minuti di esposizione giornaliera di viso e braccia sono sufficienti per assicurare una buona sintesi di vitamina D.

Eventuali supplementazioni (raccomandabili soprattutto nel soggetto anziano) vanno consigliati dal medico.

Fumo e alcol

Evitate di fumare e bere alcolici è un atteggiamento raccomandabile non solo per prevenire l’osteoporosi, ma anche molte altre malattie, e ci sembra superfluo enfatizzarlo ulteriormente.

Terapia
La terapia è:
  • FARMACOLOGICA e deve essere consigliata e monitorata sempre e solo dal medico, il quale sceglie caso per caso il farmaco più indicato per l’età e le condizioni cliniche del paziente.
  • ESERCIZIO FISICOAl pari dei muscoli, anche le ossa rispondono all’esercizio fisico irrobustendosi. Lo scheletro di un atleta è molto più denso di quello di un impiegato sedentario. Non è tuttavia necessario praticare sport a livello agonistico per raggiungere e mantenere una buona mineralizzazione scheletrica. Uno stile di vita attivo può essere sufficiente, se si considera che anche azioni semplici come camminare, ballare, salire le scale, portare i sacchetti della spesa, in quanto condotte contro gravità, stimolano sia i muscoli sia il metabolismo osseo. Scarsamente utile è viceversa il nuoto, perché il corpo viene sostenuto dall’acqua e quindi il movimento non grava sullo scheletro.

Programmi di attività fisica più vigorosi vanno attuati in centri specializzati dove il controllo medico è costante.

 

Il dott. Fabrizio Valleriani riceve su appuntamento.

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