LA SINDROME MIOFASCIALE

Tra le sindromi dolorose muscolo-scheletriche quella miofasciale è sicuramente una delle più frequenti

Tra le sindromi dolorose muscolo-scheletriche quella miofasciale è sicuramente una delle più frequenti; è stata chiamata anche miosite, fibrosite, mialgia, miogelosi, miofascite, miofibrosite interstiziale, reumatismo muscolare, stiramento muscolare.La sindrome dolorosa miofasciale comprende un vasto ed eterogeneo gruppo di patologie muscolari che si presentano con dolore muscolare continuo, associato a contrattura, limitazione funzionale e, occasionalmente, a sintomatologia di tipo nevralgico quali parestesie, formicolio e disfunzione vegetativa. Ciò che caratterizza questa condizione sono i trigger point (TP), cioè un’area di ipersensibilità circoscritta di muscolo o fascia-banderella palpabile indurita e dolente alla palpazione. La digitopressione del TP evoca a distanza dolore riferito nella cosiddetta “target area” (area bersaglio o zona di riferimento), che rappresenta anch’essa un elemento caratteristico e una contrazione muscolare localizzata (twitch). La sensazione dolorosa sembra essere dovuta alla presenza di potenziali anomali a livello della placca motrice (EPN) conseguenti a un eccessivo rilascio di acetilcolina (ACh). Questo eccessivo rilascio di ACh potrebbe essere già presente come risultato del processo fisiopatologico che contribuisce alle caratteristiche cliniche di un trigger point oppure potrebbe essere il risultato dell’interferenza meccanica che viene suscitata in prossimità dell’ago usato durante la registrazione dell’EMG. In alcuni studi è stato dimostrato che uno stimolo sia meccanico, chimico che immunologico nelle vicinanze di una placca motrice può indurre la comparsa di un EPN. In particolare sembra che l’effetto dell’ago da solo sia in grado di indurre o comunque aumentare un EPN. Nella regione del TP ci sono molteplici loci tra i quali Hong ne identifica due: il sensitive locus e l’active locus.

 

Il sensitive locus è quella zona dalla quale, tramite l’inserzione di un ago, possono essere evocati dolore locale, dolore riferito e una contrazione muscolare localizzata. La seconda zona, l’active locus, ha significato motorio perché è localizzata dove è possibile registrare un EPN nelle immediate vicinanze della placca. In ambedue i loci sono presenti terminazioni sensitive di natura nocicettiva e numerose sostanze algogene responsabili della sensitizzazione. Questi nocicettori inviano informazioni al sistema nervoso centrale, soprattutto ai motoneuroni più piccoli che innervano le fibre rosse muscolari. Sembra quindi che le fibre muscolari grosse, fasiche, siano meno vulnerabili delle fibre rosse ai danni di natura meccanica. Probabilmente queste strutture sono molto vicine e insieme formano il locus TP che è l’unità base del TP.La presenza di potenziali di placca anomali è un fenomeno tipico della fibra muscolare.

I TP possono essere attivi o latenti.

Attivi: sono responsabili della sintomatologia clinica; sono associati al dolore, a riposo o a un dolore da eccessivo stiramento del muscolo.

Latenti: causano limitazioni nei movimenti e debolezza, il dolore non è presente ma viene evocato solo in seguito a una moderata pressione in un punto del muscolo.

In teoria tutti i muscoli possono essere sede di TP, ma le sedi più frequenti e caratteristiche sono il collo, la spalla, la schiena e le estremità.

 

 

Dolore riferito

Le caratteristiche del dolore riferito sono la chiave per identificare i muscoli responsabili del dolore miofasciale. Queste sono costanti e prevedibili; tuttavia la distribuzione del dolore somatico riferito non corrisponde all’organizzazione dermatomerica o miomerica delle radici nervose. Una zona di riferimento è presente in tutti i pazienti e può essere associata ad un’area molto più grande. Questa zona prende il nome di “zona di riferimento rovesciata” (spillover). È proprio la prevedibilità delle caratteristiche del dolore che viene usata dai clinici per localizzare l’origine del dolore. Una profonda iperalgesia o rigidità sono associate spesso al dolore nell’area di riferimento.

 

Local Twitch Response (LTR)

Una digitopressione sui TP produce una contrazione muscolare localizzata (LTR) dovuta alla momentanea contrazione della taut band nella porzione terminale. Questo è un segno obiettivo fisico che si presenta solo dopo questo tipo di stimolazione meccanica. Per di più è la tecnica più efficace per ricercare sistematicamente i TP. Più grande è la contrazione, più sensibile o attivo è il TP.

 

Limitazione funzionale

Al momento della visita i muscoli con TP rivelano:

– una ridotta capacità di movimento; dolore all’allungamento passivo del muscolo;

– debolezza;

– diminuzione della tensione massima;

– dolore in conseguenza di una contrazione volontaria di intensità notevole;

– ritardato sviluppo dei riflessi tendinei.

 

Eziologia e Fisiopatologia

Le cause più facilmente riconoscibili per lo sviluppo di un TP sia esso attivo o passivo sono:

– trauma alle strutture miofasciali;

– sovraccarico muscolare;

– microtraumi dovuti alle attività giornaliere o ai movimenti ripetitivi eseguiti in ambito lavorativo;

– eccessivo uso dei muscoli meno sfruttati.

Il punto iniziale in cui avviene lo stress o il trauma può estendersi a vari muscoli che possono contenere gruppi di TP ipersensibili. La fase iniziale che porta alla formazione di un TP può essere spiegata dal circolo vizioso di cui entrano a far parte la contrazione muscolare, il rilascio di sostanze algogene, la sensibilizzazione dei nocicettori muscolari e l’attivazione della risposta vasoattiva simpatica. Questa ipotesi, anche se non provata sperimentalmente, viene supportata dall’efficacia dei maggiori trattamenti che interrompono questo circolo doloroso ed eliminano i TP. Per quanto riguarda l’origine della contrazione muscolare localizzata (LTR) tre sono le ipotesi che sono state prese in considerazione:16

– potrebbe derivare dalla propagazione diretta dei potenziali d’azione lungo le fibre muscolari dal punto trigger all’ago di registrazione;

– potrebbe essere di tipo neuronale: i potenziali d’azione che si propagano dalle fibre afferenti al midollo spinale attiverebbero gli alfa motoneuroni responsabili della contrazione;

– potrebbe derivare dai cosiddetti potenziali “d’inserzione” dovuti al movimento delle fibre muscolari in contatto con l’ago. La prima ipotesi non sembra essere soddisfacente in quanto la risposta alla penetrazione dell’ago sembra di minore entità, quando invece un’interazione di tipo meccanico dovrebbe aumentarla.

Secondo Hong16 la più probabile è la seconda anche se ancora non è stato possibile identificare quali siano le fibre afferenti coinvolte. Un aiuto comunque nello studio della LTR viene anche dall’utilizzo sperimentale di conigli. Sono almeno cinque le più importanti similitudini fra la LTR umana e del coniglio:

– in entrambi la LTR è evocata nella porzione terminale della banda della fibra muscolare;

– l’attività EMG registrata durante una LTR è simile in entrambi;

– quando il muscolo è a riposo non è possibile evocare nessun tipo di risposta;

– dopo ripetute stimolazioni le LTR diminuiscono;

– le LTR diminuiscono dopo il blocco del nervo responsabile dell’innervazione del muscolo.

 

Trattamento della sindrome miofasciale

L’approccio più corretto da seguire prevede una sequenza di eventi:17

– rassicurazione del paziente;

– riduzione del dolore;

– promozione del rilassamento muscolare;

– eliminazione dei fattori di predisposizione e mantenimento;

– riapprendimento delle normali funzioni neuromuscolari;

– correzione delle disfunzioni motorie;

– ripristino di un adeguato livello di efficienza fisica;

avendo come obiettivi finali quello di:

– fornire al paziente i mezzi per controllare autonomamente i propri disturbi mialgici;

– prevenire la dipendenza o l’abuso del personale sanitario.18

La cura del dolore miofasciale attraverso il blocco o la “disattivazione” dei TP è quella sicuramente più utilizzata sia per i buoni risultati che per la facilità d’esecuzione. Anche la terapia fisica (massaggi, esercizi di allungamento), gli analgesici non steroidei, lo stretch and spray (stiramento del muscolo e spray refrigerante) e lo stretch and inject (stiramento e iniezione del TP) possono essere di ausilio.

 

Terapia fisica attiva

Il termine attiva implica lo svolgimento, da parte del paziente, di attività che sono essenziali per il mantenimento dell’omeostasi corporea. Obiettivo principale di questa branca è quello di eliminare i fattori di predisposizione e mantenimento, nella voce stress meccanici, concorrendo a ridurre il dolore, promuovendo il rilassamento muscolare, favorendo il riapprendimento delle normali funzioni neuromuscolari e la correzione delle disfunzioni motorie e aiutando il paziente a ripristinare un adeguato livello di forma fisica. La correzione di tali fattori è essenziale per il successo del trattamento e la prevenzione delle ricadute. Nel caso dei cosiddetti stress meccanici, vanno comprese le inadeguatezze strutturali, gli stress posturali e gli stati di compressione/costrizione muscolare. Una comune inadeguatezza strutturale è l’asimmetria scheletrica che crea una differenza nella lunghezza degli arti inferiori, asimmetria dovuta a un arto inferiore più corto o a un’emipelvi più piccola. Sia l’una che l’altra condizione possono spesso portare a una sindrome miofasciale. Un altro stress strutturale è dato dalle disproporzioni quale quella che si evidenzia dal rapporto tra un secondo metatarso lungo e un primo metatarso corto, oppure quella risultante dalla presenza di arti superiori corti in relazione all’altezza del tronco.20 Oltremodo importante è, anche, l’individuazione e la correzione degli stress posturali quale quelli dovuti a:

– posture scorrette;

– prolungati stati di immobilità, specie con il muscolo in posizione accorciata;

– abuso muscolare, abuso perpetrato mediante meccanismi scorretti di gestione corporea che rendono i movimenti inutilmente stressanti, le contrazioni prolungate (specie se isometriche), il sovraccarico muscolare dovuto all’esecuzione di movimenti ripetitivi, o a movimenti eccessivamente rapidi e a scatto, o conseguente a sforzi eccessivi, l’uso eccessivo di uno o più gruppi muscolari.

 

 

 

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